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Immortalità

A volte noi architetti ci facciamo ingannare da un illusorio compiacimento per cui quello che facciamo sostanzialmente ci consegnerà un briciolo di immortalità.
Immaginiamo infatti un futuro di eternità per le nostre costruzioni che crediamo sopravviveranno lungamente dopo di noi. Ci affidiamo a grandi immagini di piramidi, chiese, templi che hanno agevolmente superato i secoli, le guerre per arrivare fino a noi.

Questi esempi sono in realtà le eccezioni ad una regola molto più cruda. Le nostre costruzioni sono fragili, si danneggiano con il tempo, hanno bisogno di costanti manutenzioni e cure.

Per quanto noi si sia bravi ed attenti, per quanto scrupolosi, per quanto ci si appoggi a tecnologie sempre nuove non c’è verso di di sfuggire a questo lento ed inesorabile processo di lento degrado. Un degrado che inizia già il giorno dopo che definiamo la costruzione “finita”, se non già durante il cantiere stesso.

E’ così! Non c’è modo di sfuggire a questo destino, lo sappiamo dal primo istante quando tracciamo la prima linea sul foglio, spesso proviamo a dimenticarcelo poi c’è la quotidiana realtà che ci riporta con i piedi per terra e ci fa ricordare che l’immortalità non riusciremo a raggiungerla nemmeno con il nostro lavoro.

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