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Avremmo una bozza di progetto…

Le ultime due puntate ci siamo persi dietro alle domande. Le domande che Michele e Renata, due giovani nuovi clienti, hanno cominciato a farci durante il primo nostro incontro (potete leggere qui). E la domanda che nessuno ci fa ma e che invece tutti dovrebbero farci per prima cosa (la trovate qui).

Poi abbiamo chiarito a Michele e Renata quello che NON facciamo, e sarebbe bene che lo rileggeste se non lo avete già fatto, potete andare qui a vedere 🙂

Oggi però ricominciamo a raccontarvi un po’ di quel primo incontro e a capire come comincia il lavoro tra cliente ed architetto.

Tutto ha come sempre inizio con una domanda di Michele e Renata

“Scusate potremmo farvi vedere una nostra bozza di progetto? E’ un’idea che abbiamo messo giù noi. L’ha fatto Michele con un programmino che ha scaricato gratuitamente. Scusate se non è bello.”

“Evviva!!!! Dai vediamo!!!! Forza”

Bruce Mau ci ricorda nel suo “Manifesto Incompleto per la Crescita” al punto 9 che John Cage sosteneva

“Inizia da un punto qualunque!”

Ecco la bozza di progetto fatta dai nostri committenti è per noi questo “punto qualunque” preziosissimo per cominciare. Non deve essere bello non deve essere raffinato, non deve essere completo. Deve essere sincero.

Spesso questi disegni si somigliano tutti ma in realtà ciascuno è unico e contiene delle informazioni preziose. Ci permettono di iniziare per prima cosa a capire la “lista della spesa” dei nostri clienti.

Quante camere, bagni e via discorrendo. Ma allo stesso tempo ci aiutano a comprendere le gerarchie che hanno in mente, quanto grande si immaginano il salotto, che rapporto dovrebbe avere con la cucina piuttosto che con la zona notte. Come immaginano i bagni, le camere e via discorrendo.

Ci aiutano a capire anche di quanti piani immaginano la loro nuova casa. Anche se ormai la maggior parte dei nostri clienti, non abbiamo ancora capito perché, vogliono quasi tutti una casa su un solo piano e senza cantina, invece su questo abbiamo un’idea del perché ma ne parleremo in un’altra puntata.

Spesso sbagliano qualche proporzione, in particolare i bagni li fanno molto piccoli ma soprattutto si dimenticano un sacco di cose che servono in una casa e cioè tutti quegli spazi che non hanno un nome e che noi classifichiamo come “disimpegni”, “ripostigli”, “distributivo” e che pur essendo spazi dimenticati fanno funzionare la casa.

Anche Michele e Renata sono caduti in questo problema e si sono dimenticati proprio una stanza in più. Siamo una società accumulatrice di cose ma non ne siamo consapevoli. Sogniamo case minimali che guardiamo sulle riviste e riempiamo in nostri salotti di aggeggi inutili che compriamo su Amazon. Le nostre case hanno bisogno di spazi destinati a smaltire il pericoloso disordine. In ogni caso su Amazon potreste cominciare a comprare il libro “La Casa Felice”, tanto per farvi qualche idea su come tenere le cose in ordine curando allo stesso tempo l’estetica.

Comunque il disegno che avevamo sotto gli occhi ci raccontava di un ampio soggiorno open space in continuità diretta con la cucina e con la volontà di mettersi in comunicazione con il giardino. La zona notte invece era composta da due camere con due bagni, la matrimoniale dotata di cabina armadio, che fa più VIP…

La prima osservazione che facciamo è che c’è qualche problema di orientamento e di posizionamento bioclimatico delle stanze , in particolare alcune vetrate un po’ troppo grandi ad ovest rischiano di divenire dei seri problemi in estate, trasformando le stanze in delle saune. E poi come detto mancano drammaticamente tutti quegli spazi di servizio che davvero permettono il reale funzionamento del sistema casa.

Mentre parliamo vediamo che armeggiano e tirano fuori i loro telefonini…

“Ma dov’era? No qui no… Forse la… aspetta un attimo che la trovo… ECCO!”

E con un sorriso ci mostrano l’immagine di un soggiorno di una casa dicendoci che gli piace molto così. Non è nulla di straordinario ma ci fa capire che amano le cose abbastanza neutre, con finiture naturali, piuttosto chiare e con delle belle finestre.

Anche questa operazione che ormai tutti compiono attraverso app come Pinterest piuttosto che creando degli ideabook su Houzz deve essere intesa come un utile aiuto a costruire un dialogo.

E’ evidente che il nostro mestiere non è copiare quanto ci viene mostrato, tuttavia comprendere i gusti e quello che cercano i nostri clienti non può che esserci di aiuto. Poi starà a noi capire cosa sia fattibile e cose no, cosa sia compatibile e come costruire un giusto progetto equilibrato e fattibile.

Perché sia chiaro non tutto quello che si trova in rete è facilmente realizzabile anche per una semplice problematica di reperibilità dei materiali che non sempre si trovano sul mercato italiano.

E così abbiamo il nostro punto di partenza, definito nella bozza di progetto di Michele e Renata. Abbiamo abbastanza chiaro cosa vogliono i nostri nuovi clienti, sia in termini di funzioni che di dimensioni e inoltre abbiamo un’idea di che tipo di casa desiderano in termini estetico formali.

Riflettiamo a voce alta sul fatto che siamo sollevati, quello che ci hanno mostrato ci pare possa essere in sintonia con quello che facciamo. Non c’è cosa peggiore che sforzarsi di fare ciò di cui non si è convinti, altrettanto faticoso è provare a convincere chi ha gusti ed interessi molto distanti da noi.

Michele e Renata ci sembrano dei clienti con cui potremo lavorare bene.


LA LEZIONE DI OGGI:

1. Non vergognatevi dei vostri disegni o di quello che avete pensato. Fare una bozza di progetto è stato uno sforzo per voi cercare di rappresentare quello che vorreste. E’ comunque un punto di partenza.

2. Collezionate immagini di cose che vi piacciono. Costruitevi una bacheca Pinterest dedicata dove salvare i vostri riferimenti. Condividetela con lo studio di architettura.

3. Fate vedere quello che vi piace ai vostri architetti è bene capire prima possibile se si è sulla stessa lunghezza d’onda e se si può lavorare assieme. Gusti diametralmente opposti rischierebbero di rendere il lavoro, già faticoso, un’impresa titanica.


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